3 definizione per inquadrare il tasso di conversione in contesto
Ricordiamo i tre indicatori chiave per l’analisi di un modello di business basato su e-commerce, e il loro significato:
- Traffico: quante persone visitano il tuo sito web.
- Tasso di conversione: la percentuale di queste visite che si “convertono” (in e-commerce, conversione vuol dire “vendita”, anche se una traduzione più accurata sarebbe “obiettivo raggiunto”).
- Ordine medio: l’importo medio degli ordini.
Questi tre valori costituiscono la “fotografia” di base di un negozio online: quante persone lo visitano, quante di quelle persone fanno un acquisto e qual è il valore medio dei loro ordini. Se hai un negozio online e parli con un investitore, questi saranno i primi dati che vorrà sapere.
Tuttavia, è facile trovare imprenditori che iniziano l’avventura senza avere previsioni su questi indicatori, e cosa più importante, senza una strategia per raggiungere gli obiettivi:
- Traffico: Come faccio a portare tutte quelle visite al mio sito web?
- Tasso di conversione: Cosa faccio per fare in modo che non vadano via senza acquistare?
- Ordine medio: Come faccio per fare in modo che gli ordini siano, in media, di un importo uguale o superiore al previsto?
Ovviamente, queste tre cose non succedono mai da sole. Dobbiamo fare qualcosa, e spesso non accadono neanche se ci lasciamo la pelle nell’intento. E’ già noto che:
Le risposte non saranno mai quelle giuste se non si sa nemmeno quale sia la domanda.
Capito il contesto con queste brevi definizioni, concentriamoci sul tasso di conversione, lo scopo principale di questo articolo.
L’importanza del tasso di conversione
La semplice definizione tecnica di “tasso di conversione” (a volte indicato come “rapporto di conversione”) non riflette la reale importanza del concetto, né le sue profonde implicazioni.
Questa citazione del esperto Bryan Eisenberg ci dà una visione più ricca:
“Il tasso di conversione è una misura della vostra capacità di convincere i visitatori a svolgere l’azione che vuoi che facciano. Si tratta di un riflesso della vostra efficienza e soddisfazione del cliente. Per poter raggiungere i vostri obiettivi, i visitatori devono per prima raggiungere i loro obiettivi”. Bryan Eisenberg
(vedere Jeff Bezos’ Secret to High Conversion Rates – Bryan Eisenberg)
Notate soprattutto l’ultima frase. A volte siamo troppo occupati a pensare ai nostri propri obiettivi e dimentichiamo gli obiettivi del cliente. Non si raggiunge mai il primo senza il secondo!
Ma andiamo al concreto: che tipo di valori ci possiamo aspettare per questo tasso e quali variabili sono influenti? Vediamoli qui di seguito.
Numeri che hai visto là fuori
Come risulta in questo indicatore popolare [Indice Fireclick], il tasso di conversione medio “globale” sembra essere al di sotto del 4% (al momento di scrivere questo post).
Tuttavia, la realtà quotidiana degli imprenditori italiani potrebbe essere molto diversa, le fonti più attendibili (e l’esperienza diretta di molti professionisti, tra cui la mia), puntano ad un range compreso tra l’1% e il 3% per le attività di vendita al dettaglio, con variazioni forti (e notevoli eccezioni) in funzione del settore di attività.
Nello studio di MarketingSherpa commentato in “Conversion Rate: Average website conversion rates, by industry”, ha stabilito al 3% il tasso per le attività di vendita al dettaglio, ma altre percentuali ben diverse sono suddivise per tipo di attività (attenzione, non possono essere estrapolati direttamente per l’Italia, ma può essere utile come riferimento proporzionale).
Nella vendita di servizi professionali, gli studi e rapporti disponibili suggeriscono che è ragionevole attendersi un tasso di conversione 3 volte superiore a quello delle attività di vendita al dettaglio (retail). Ma attenzione, non è lo stesso il triplo del 1% che il triplo di 3 %.
Per l’Italia in particolare, c’è uno studio della Casaleggio Associati intitolato “E-Commerce in Italia 2014” che conclude dicendo
Il tasso di conversione medio, inteso come la percentuale di visite al sito che si conclude con un acquisto è in media dell’1,9% nei diversi settori.
Attenzione! I dati e gli studi degli Stati Uniti non sono direttamente validi in Italia.
Negli anni ’90 i dirigenti italiani si crearono false aspettative contemplando i favolosi dati degli Stati Uniti relative alle “vendite per catalogo”.
Oggi, gli imprenditori del XXI secolo fanno lo stesso errore nell’interpretare le statistiche che vengono pubblicate sui siti e-commerce di altri mercati. Non illuderti:
Qui è più difficile vendere online… ma è più facile ottenere visualizzazioni! Quindi il tasso di conversione tende ad essere inferiore.
E’ importante ricordare che:
Ci sono differenze demografiche, economiche e culturali, stili di vita, che giustificano l’accettazione inferiore di ogni forma di vendita online nell’Europa meridionale.
Senza andare oltre, il PIL pro capite negli Stati Uniti supera i $50K (infatti il più alto del mondo escludendo piccoli paesi e zone franche come il Qatar o Brunei), mentre in Italia e Spagna è di circa €30K (più informazione qui: Stati per PIL (PPA) pro capite)
Nei paesi sviluppati, il reddito non influisce sul volume di traffico, ma incide sulla decisione di acquisto.
Guardare è gratis… ma è più facile comprare quando si hanno più soldi da spendere.
La domanda è: stiamo prendendo in considerazione nella nostra analisi del mercato quella “piccola” differenza del reddito?
Non abbiamo ne anche lo stesso ambiente giuridico e fiscale: alcune delle regole restrittive che abbiamo in Europa circa le attività online non esistono negli Stati Uniti. Le imposte indirette sono anche diverse, a seconda dello stato, negli Stati Uniti la percentuale delle imposte indirette è meno della metà di quelle che abbiamo qui (ti puoi immaginare un IVA al 8% invece del nostro 22%?).
Perché ci sono così tante differenze nel tasso di conversione per tipo di attività?
Abbiamo visto che gli studi dimostrano molto diverse medie per tipo di attività. I fattori da considerare per sfumare le aspettative sui tassi di conversione sono molto diversi, e molti di loro dipendono da te stesso:
- Concorrenza: Ci sono altri negozi che vendono la stessa cosa? Molti? C’è una “guerra dei prezzi”?
- Emergenza e contingenza: possono i miei clienti ‘lasciare l’acquisto per un altro giorno” perché quello che vendo non riesce a soddisfare le esigenze urgenti? Ha senso le visite al mio sito web solo per curiosità o solo entra qualcuno che aveva già deciso di acquistare?
- Potenziale acquirente: la natura del mio prodotto, permette di essere facilmente confrontato rispetto ad altri prodotti?
Guardiamo un esempio:
Maria sfoglia distrattamente un sito di moda, perché alcuni giorni prima aveva deciso di acquistare un paio di pantaloni, ne ha molti, ma se vede qualcosa che li piace su questo sito o su un altro con migliori prezzi, potrebbe decidere di comprare. La sua amica Lucia, nel frattempo, è alla ricerca disperata di un servizio di riparazione per una perdita nella camera da letto, ed è capitata su un sito che offre tale servizio urgente. Che sito pensi sia più probabile realizzerà la vendita, quello di moda, o il sito che offre servizi di riparazioni?
Il buon senso vi dirà probabilmente lo stesso che dice a me l’esperienza (e quello che hai visto negli studi sopra citati). Il tasso medio di conversione nei servizi professionali è superiore alla vendita al dettaglio. Sicuramente questo esempio vi ha aiutato a vedere più chiaramente il concetto.
Ma ovviamente ci sono altri fattori importanti che dipendono da te:
- User experience: la mia pagina web è intuitiva, piacevole, facile da usare, veloce e senza errori? Il processo di pagamento è chiaro e semplice? Qual è la percezione del cliente sulla “sicurezza” del mio sito?
- Call to Action: le pagine dei prodotti sono progettati e ottimizzati per la conversione? Abbiamo provato diverse soluzioni? (ecco un post che ho scritto con alcune linee guida per incrementare le vendite)
- Qualificazione del traffico: Sto attirando il traffico appropriato al mio sito web o mi visitano persone che non hanno l’intenzione di comprare da me? Quante persone entrano attratte da una particolare offerta? Quante visite sono di persone già clienti?
Come vedi, ci sono aspetti inerenti al prodotto e al vostro mercato che non puoi cambiare… Quindi devi darti da fare su quelli aspetti che sì puoi controllare.
Business Plan online elaborati secondo criteri offline
E’ difficile da dire, ma sembra che molti dei business plan dei nostri imprenditori nel commercio elettronico vedono la luce con almeno uno di questi due gravi difetti:
- Business plan che mancano di una stima del traffico, il tasso di conversione e vendita media (incredibilmente ci sono).
- Business plan che presuppongono volumi di traffico e tassi di conversione non realistici (e spesso giustificati con i dati consultati su Internet che non sono applicabili al mercato rilevante).
Ha senso un business plan che si basa su un probabile tasso di conversione partendo dal 4% nelle vendite al dettaglio, quando nella realtà è più frequente trovare tassi dell’ 1% e quando un esperto di e-commerce sarebbe ultra felicissimo con un tasso del 3%?
Naturalmente, ci sono attività al dettaglio online con tassi di conversione incredibili, ma dipende del settore, il tipo di traffico che ha il sito web e molti altri fattori.
Non confondere in un business plan la visione con gli obiettivi.
La visione è dove ti vedi concettualmente nel lungo periodo, e gli obiettivi sono i traguardi raggiungibili fissate per un periodo di tempo. Misurare l’effetto, non il rumore.
Ok, allora cosa faccio?
Il tasso di conversione è un dato relativo. Non serve a niente avere un tasso del 5% se si dispone solo di 100 visite al mese.
Se facendo alcuni numeri con fondamento risulta che hai bisogno di un traffico di 1 milione di visite all’anno e un tasso minimo di conversione dell’1 % ( cioè 10.000 ordini, se la tua vendita media è di 50€, avrai una fatturazione di 500.000€ ) come hai intenzione di “attirare” quel traffico? Indipendentemente da come lo si fa, avrà un costo di tempo e denaro. E sicuramente devi fare:
- SEM (posizionamento a “pagamento” nei motori di ricerca)
- Pubblicità su Facebook (o altre reti sociali)
- Community management
- Search Engine Optimization (SEO) (Ottimizzazione per i motori di ricerca)
- Content Marketing (Marketing di contenuti)
- Email marketing
- Affiliate Marketing
- Display advertising (Pubblicità)
… e alcune cose in più (o in meno). Il tutto integrato in una strategia coerente.
Puoi fare meglio o peggio, puoi investire in comunicazione con più o meno successo, ma ricordati sempre:
In un ambiente fisico, per la strada dove si trova il tuo negozio passano persone senza che tu deva fare niente, invece se sei su Internet, sei in mezzo al nulla, senza gente che passa davanti al tuo negozio, bisogna farsi trovare.
Molti imprenditori online falliscono perché hanno le idee chiare circa il prodotto o il servizio (la loro “idea” che hanno sviluppato millimetro per millimetro), ma hanno relegato la comunicazione ad una bozza scarsamente sviluppata. Alla fine, diventano come i mercanti del deserto seduti davanti alla tenda, in attesa che qualcuno passi.
Per avere successo in un progetto on-line devono essere ben definite tutte le fasi classiche del processo:
- Acquisizione (come arrivare e attirare l’attenzione di un potenziale cliente)
- Conversione (Come riesco a fare che il cliente faccia un acquisto una volta che è dentro il mio spazio commerciale)
- Conservazione (come conquistare la sua fedeltà e farli ripetere l’acquisto in futuro)
La mia esperienza di consulenza mi dice che il passo 1, pur essendo il primo del ciclo, è di solito quello meno sviluppato nei progetti, a volte anche completamente ignorato. Altre volte, quando è previsto, di solito viene pensato con una mentalità “off -line”.
Per uscire da questo impasse, ho sempre pensato che fosse meglio smettere di guardarsi l’ombelico, per passare a …
Il “Culto ai visitatori”, l’unica vera fede delle aziende professionali on-line.
Primo Comandamento :
Conosci il tuo pubblico come ai tuoi figli.
Secondo, definisci in dettaglio come arrivare al pubblico (visitatori) e come guidarli fino al tuo spazio di vendita.
Terzo, coccola l’esperienza dell’utente.
Il tasso di conversione e l’incomprensione con i social media
Molti imprenditori hanno una concezione sbagliata del ruolo dei social media in una strategia online. Questo spiega perché è così comune per le piccole imprese a sentirsi delusi dai risultati della loro attività su reti come Facebook.
Ricorda che i social media (social network, blog, ecc.) NON sono i luoghi dove fai le vendite, ma i mezzi che generano traffico verso il luogo dove si effettuano.
… Supponendo che la tua strategia sia adeguata.
Molti imprenditori si lamentano delle reti sociali perché “non vendono”. Ma è naturale che NON vendono! Quello che fanno (o dovrebbero fare) è quello di generare traffico verso il luogo in cui si realizzano le vendite, direttamente o indirettamente. Adesso, addirittura, stanno diventando il fattore chiave per l’ottimizzazione dei motori di ricerca.
Se non è possibile far crescere il tasso di conversione, incrementa il traffico. Se questo traffico non perde in qualità (le persone sono quelle “giuste” per fare acquisti presso il tuo negozio), le vendite cresceranno in proporzione.
Il social networking può essere la chiave per ottenere il traffico che non si ottiene con i motori di ricerca, è anche un modo straordinario per presentare il vostro marchio a persone che potrebbero comprare da voi, ma più avanti.
Una vendita oggi potrebbe essere una conseguenza indiretta di una visita alla tua pagina su Facebook, tre mesi fa!
Conclusione
Spero che questo studio sul tasso di conversione e il suo contesto nel campo dell’e-commerce ti sia di aiuto in qualcosa. Se ti è piaciuto il contenuto, usa i pulsanti sociali per condividere 🙂
Grazie della lettura. Ci vediamo in Rete